Dodici mesi fa, il Governo della Nuova Zelanda aveva decretato il lockdown generale. Chiuse tutte le attività “non essenziali”, fra le quali i periodici stampati. Per il gruppo editoriale Bauer Media New Zealand si affacciava l’ipotesi peggiore: chiudere e mettere tutti i magazine in vendita. Un disastro: Metro, North&South, The Listener – alcune delle testate più importanti di Auckland – non solo avevano staff editoriali di prima qualità, ma potevano contare su una base consolidata, e molto robusta, di abbonati. Un anno più tardi, e siamo a gennaio del 2021, tutti i periodici sono ancora sul mercato, grazie a nuovi investitori, come Mercury Capital, private equity di Sydney, che ha rilevato, a giugno dello scorso anno, Bauer NZ. Sono anche nate quattro nuove testate specializzate, come Shepherdress, trimestrale dedicato ad informare la comunità delle donne neozelandesi che vivono in zone rurali. Il vero “valore” della stampa periodica, come ha osservato Colin Peacock, conduttore del programma Mediawatch di Radio New Zealand, è legato non tanto al prezzo di copertina o alla forza come veicolo pubblicitario, ma alla ferrea volontà degli “abbonati arrugginiti” di continuare ad informarsi sulle testate delle quali si fidano. Il radicamento della testata sul territorio ha giocato un ruolo fondamentale nell’anno del covid. Il resto – paradossalmente – è stato favorito proprio dalla forza che minacciava di distruggere i periodici. La pandemia, come ha osservato Henry Oliver, direttore di Metro magazine, ha dilatato “lo spazio per un media più lento”.  La stampa periodica neozelandese non ha chiuso i battenti. È rimasta aperta, pronta alle sfide che verranno.

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