Un conto è dire, un altro è fare. Vale per tutti i comportamenti, anche per quelli digitali. Il sociologo francese Laurent Cordonier, dell’Università di Parigi, e Aurélien Brest, dottorando in scienze cognitive all’Università di Bordeaux, hanno pubblicato a fine 2021 uno studio – attraverso la Fondation Descartes – sui comportamenti dei loro connazionali in materia di abitudini ad informarsi on line. Il panel di ricerca, 2.372 adulti rappresentativi dell’intera popolazione, ha mostrato che il tempo che si trascorre on line per informarsi, rispetto al totale dei collegamenti, è molto modesto, solo il 3%, corrispondente a meno di 5 minuti al giorno. Nei trenta giorni nei quali è durata la ricerca, il 17% del panel non è si collegato ad alcun sito di informazione, e solo il 5% ha seguito i canali informativi per un totale di oltre 10 ore nell’arco del mese. Al primo posto, nel pochissimo tempo passato ad informarsi on line, ci sono sempre i siti dei giornali regionali stampati. Al secondo posto si piazzano le testate sportive, quindi i siti della stampa nazionale e, a seguire, gli aggregatori di notizie. Notevole la discrepanza fra quello che si dichiara e come ci si comporta. Qualche esempio? Le Monde, il 31% dichiara di seguirlo on line, solo il 24% lo fa, l’Huffington Post il 21% dice di leggerlo on line, solo il 9% lo fa. Per Le Parisien, le percentuali sono del 28% contro il 23%.

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